Non ridete, questo è un santo! Con queste parole Re Ferdinando IV si rivolse, infastidito, verso la moglie Carolina vedendola deridere un malvestito prete che si ritrovava dinnanzi. Quel poveretto era un catanzarese, il canonico don Antonio Masciari. Si era recato alla corte di Napoli senza preoccuparsi dei logorati vestiti. Era li per chiedere dei fondi necessari per la realizzazione del nuovo Conservatorio della Stella, riuscendo ad ottenere l’assenso del re.
Era questa la sua ultima speranza per trovare una collocazione idonea per le tante orfanelle ospitate sino allora in ambienti umidi e inidonei. Aveva prima tentato una raccolta di fondi in città, tra poveri e ricchi, porta a porta, ma la cifra raccolta non risultava sufficiente. Il finanziamento ottenuto dal re gli consentiva finalmente il trasferimento da quegli angusti locali, adibiti in precedenza a monastero della Stella, una delle strutture religiose di clausura della città soppresse, assieme a quelle della Maddalena e di Santa Chiara.
La notizia in città fu particolarmente gradita e don Antonio, al rientro da Napoli, fu festeggiato calorosamente. Furono così avviati i lavori di sistemazione dei locali destinati alla nuova sede del Conservatorio. Erano quelli costruiti nel 1582 dalla nobildonna catanzarese D. Antiochia Famareda, imparentata con i Marincola-Politi. Qui tra il 1815 e il 1822 si riuniva, nei sotterranei, la setta carbonara dei “Cavalieri Tebani”, il cui Capitolo dei “Buoni Fratelli” era presieduto da D. Giuseppe Veraldi ed a cui appartennero Giacinto De Jesse, Luigi Pascali e Francesco Monaco, che finirono sulla forca borbonica nel 1824. Il De Jesse e il Pascali furono, condannati all’impiccagione con esecuzione a Porta di mare. Il Monaco invece fu decapitato fuori le Porte, sotto le mura del carcere.
L’antico e ampio monastero era stato chiuso al culto durante l’occupazione militare francese e adibito, come altri conventi della città, a caserma. Cessata l’occupazione la struttura era rimasta inutilizzata e incustodita. Quando D. Antonio Masciari avviò i lavori di ristrutturazione, ebbe la sorpresa di trovarvi, nel sottofondo di un armadio, tele e simboli carbonari. Si decise di bruciare il tutto immediatamente e di far benedire il sacro luogo dal Vescovo Clary al fine di allontanare eventuali spiriti malevoli. Dal 30 maggio 1822 le orfanelle si trasferirono nel bellissimo convento. Ferdinando IV, divenuto intanto I, elevò il pio luogo ad ente morale e assegnò un finanziamento annuo di 400 ducati destinati al mantenimento dei trovatelli nel Comune di Catanzaro. Tal generoso gesto fu imitato da una eletta schiera di benefattori locali. Il maggiore sostegno nella sua opera di carità, non solo dal punto di vista economico, don Antonio lo ebbe dal Vicario Capitolare Mons. Felice Greco.
Il Conservatorio della Stella era collocato su tre livelli. Al piano terra si trovavano i laboratori, il refettorio, la cucina e la dispensa. Al primo piano il dormitorio e l’oratorio. Il secondo piano era utilizzato dalle suore. All’epoca la struttura ospitava, per statuto, trenta orfanelle che trascorrevano la loro giornata dedicandosi al lavoro, allo studio e alla preghiera. Poche le ore dedicate allo svago. Gli amministratori della struttura, per via delle ristrettezze economiche a livello gestionale, decisero dimezzare il numero delle ospiti ma don Antonio, incurante delle disposizioni, continuò a ricoverare tutte le orfanelle che bussavano alla sua porta. Per coprire le spese istituì una questua settimanale per le vie cittadine. A chiederla erano le stesse ragazze, con la faccia velata, accompagnate dal pio don Antonio e da altri sacerdoti. Furono utili anche gli proventi del lavoro delle fanciulle impegnate nella manifattura della seta grezza. Le orfanelle inoltre producevano la felba, un tessuto non molto pregiato usato dai popolani.
Il catastrofico terremoto che colpì la Calabria nella notte dell’8 marzo 1832 causò ingenti danni a Catanzaro e ancor di più nel Marchesato. Sui Tre Colli crollò il Regio Liceo e subirono danneggiamenti l’Intendenza, l’Ospedale civile, alcune chiese e l’istituto delle orfanelle. Oltre centocinquanta case dovettero essere ricostruite. Tra i morti ritrovati sotto le macerie dell’orfanotrofio c’era il povero don Antonio Masciari. Con la scomparsa di quell’umile benefattore la vita del Conservatorio continuò con alti e bassi. Subito dopo la ristrutturazione post-terremoto furono impiantate alcune macchine per la filatura e telai per tessere velluto, damasco, tela e seteria di ogni genere. A dirigere la struttura in questa fase fu il canonico Diego Lucà. Tutto andò bene sino a quando la gestione venne affidata alle suore della carità. Costoro non intesero più utilizzare le redditizie apparecchiature preferendo insegnare alle orfanelle la tecnica del ricamo. Le preziose macchine quindi con gli anni andarono distrutte. La salma del vicario generale Antonio Masciari, principale artefice del Conservatorio della Stella, molto amato dai catanzaresi, fu collocata nella cripta della Chiesa del Monte. Per ricordarlo la Congregazione della Carità, nel 1864, pose una lapide in suo onore nell’atrio del Conservatorio della Stella mentre l’Amministrazione Comunale di Catanzaro, più recentemente, gli ha dedicato una strada.
Peccato che oggi non ci è consentito esprimere la nostra gratitudine e ammirazione neanche con un fiore a quel sant’uomo per l’edificante esempio di vita vissuta, meritevole di essere annoverato tra i beati della Chiesa catanzarese.