La sacra rappresentazione della "pigghiata" a Gagliano - itCatanzaro

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MEMORIA STORIE TRADIZIONI

La sacra rappresentazione della “pigghiata” a Gagliano

Gagliano - A Pigghjata

Gagliano è il quartiere cittadino dove la sacra rappresentazione della Passione di Cristo ha tradizioni secolari. Questa prende il nome di “pigghiata” dalla scena principale che rappresenta, appunto l’arresto, “la presa” di Gesù ed ha conservato e fatto ben trasparire, sino alla sua ultima riproposta, il grande sentimento religioso che l’animava.

Uno spettacolo affascinante di eccezionale ampiezza che si teneva ogni sette anni e che rappresentava uno dei principali momenti di collaborazione e convivenza delle due antiche congreghe locali. Intere famiglie erano impegnate in vari ruoli. Attori, sarti, tecnici, sino a chi si prendeva cura dei luoghi che facevano da sfondo alle varie scene. Una rappresentazione che si teneva in una sola giornata e che faceva registrare una serie di risvolti emotivi, devozionali oltre a grande curiosità. Va precisato, a onor del vero, che queste rappresentazioni erano opere di letterati e non del popolo; scritte in italiano e poi riportate nel dialetto locale.

Scrive lo storico locale Antonio Caroleo: “per seguire la rappresentazione, la gente porta con se il necessario per sfamarsi; le scene si susseguono incessantemente, si passa dall’orto degli Ulivi alla colonna del supplizio; dal Sinedrio al Palazzo Pretorio; da Erode a Pilato; dal Golgota al monologo di Giuda e alla di lui impiccagione. Tutti i figuranti s’impegnano con zelo, calandosi nel personaggio; alcuni eccellono, tanto  che le loro interpretazioni si ricordano ancora con ammirazione, tra questi: nella parte del diavolo – Vito Spinello (meglio conosciuto come mastru Vitu); nelle vesti di Nicodemo, Domenico Russo; nella parte di Caifa, Raffaele Falbo; nelle vesti di Gesù, Alessandro Russo; nella parte di Giuda, Giuseppe De Nardo, ruolo in seguito ricoperto dal figlio Carlo, il quale ha offerto una magistrale interpretazione dello smarrimento di Giuda e della sua impiccagione. Anche le donne partecipano alla sacra rappresentazione, tra queste ricordiamo: Rosa Cartaginese, nelle vesti della Veronica; Santa Basile, in quelle della Madonna.

Testimonianze delle  antiche rappresentazioni di ‘a  Pigghjata.

Nel 1883 il veneto Antonio Battistella, appassionato studioso di drammi sacri, assistette alla rappresentazione che si tenne nel casale di Gagliano il venerdì santo. In quell’occasione riuscì a procurarsi un volumetto, stampato nel 1824, dal titolo Opera della Passione di N. S. G. C. rappresentata in Gagliano l’anno 1824 con il testo completo della rappresentazione che si svolgeva nell’antico borgo catanzarese. Gli attori ne avevano stravolto la poetica rendendo il testo più casereccio.

Il Battistella restò molto impressionato dall’ardore con il quale gli attori recitavano e dall’apparato scenico tutto perfettamente naturale: la piazza del paese, la collina prospiciente, i vichi nei quali era ambientata  la rappresentazione, così descritta in ‘A Pigghjàta di Gagliano nella Rassegna Settimanale (vol. 8 n° 194).

“La sacra rappresentazione si svolse in quattro luoghi diversi, alle due estremità del borgo e nelle due piazzette di esso. Qui erano due tavolati larghi quattro o cinque metri, alti circa due. Sul palcoscenico salivano naturalmente soltanto i personaggi principali, e solo quando dovevano recitare; se no, essi stessi e gli altri, come ad esempio le turbe e i soldati, stavano giù torno torno a guardar i compagni, a contenere la folla, a dar calci ai cani e a far mille piccoli servizi. Maddalena, Marta e le altre donne erano rappresentate da uomini sulla cinquantina con la barba rasa, vestiti solo d’un ampio mantello nero. Sui due palchi si svolgono solo quelle parti che richiedono luogo chiuso,come ad esempio i concili dei Demoni e dei Sacerdoti, la cena, i vari dibattimenti. Per la cattura di Cristo si va fuori il villaggio, ad un luogo che si figura sia l’Orto di Getsemani,e dove una bambina vestita da angelo, scendendo per una fune tesa tra due alberi, presenta a Gesù il calice. Si torna in piazza della fontana, dove si assiste al processo e alla flagellazione; poi si va sopra un poggio (il Golgota) all’altro capo del villaggio; là erano già legati a due croci i due tiranni. Si toglie la tunica al Cristo, lo si insacca in una camicia color carne, lo si solleva in croce; Longino gli dà la lanciata e da una vescica coperta dalla camicia gli sgorga il sangue. Nel rimanente del dramma non c’è di curioso altro che il suicidio di Giuda. Egli, come tutti sanno, s’impicca a un albero, ed ecco come. Un po’ più sotto della nuca, attaccato saldamente ad una fascia che gli cinge il torace, egli ha un grosso anello di ferro: dall’albero pendono i due capi d’una corda ben saldata, uno dei quali è armato d’un gancio pure di ferro. Giuda s’avvicina, attacca il gancio all’anello, poi passa attorno al collo l’altro capo della corda e l’annoda leggermente: fatto ciò spinge via il panchettino su cui era salito e così rimase sospeso apparentemente per il collo, ma in realtà per quell’anello dietro la schiena. La cosa non è sempre scevra di pericolo e mi si raccontò che due anni fa in Gimigliano il povero Giuda gli si scucì l’anello, sicché resto impiccato per davvero. Un’altra cosa curiosa è la Cena dove Cristo mangiano pane, pesce fritto e delle torte ed innaffiano tutto con delle vere bottiglie di vino; e Giuda, divorata la propria porzione, va rubacchiando quella degli altri, mettendo con tutta franchezza la mano ne’ loro piatti. La rappresentazione durò sei ore, dalle 10 antimeridiane alle 4 pomeridiane, e fu fatta davanti a un pubblico numerosissimo composto per la maggior parte di contadini accorsi dai vicini villaggi”.

‘A Pigghjàta in tempi recenti

Dopo la rappresentazione del 1996, i costi di allestimento hanno creato, non solo a Gagliano ma anche in altri centri, non poche difficoltà nella messa in scena della Sacra rappresentazione. Un tempo si puntava sul volontariato, sulla collaborazione di imprese locali che donavano in regalo o in prestito le attrezzature necessarie, e poi si puntava anche sull’arte dell’arrangiarsi. Ricordo quel gaglianese che addestrò il gallo a cantare al suo cenno, i falegnami che costruivano le armi con assoluta perfezione e tanti altri che attraverso la Pigghjàta riuscivano a dimostrare ai loro compaesani e all’intera Città la loro abilità ed estrosità. Per i costumi si puntava su materiali riciclati e sul volontariato delle sarte locali. Oggi si parla di noleggio. Quando le sedie di plastica non esistevano, poiché i lunghi tempi della rappresentazione non consentivano agli spettatori di seguirla in piedi, gli organizzatori, per sedili, si facevano prestare dai pescatori le cassette utilizzate per riporvi il pescato.

Tra gli ultimi registi, cui è stata affidata ’a Pigghjàta di Gagliano, ricordiamo il commediografo Nino Gemelli il quale adattò il copione riducendone i tempi troppo lunghi ed alternò alle scene recitate dei toccanti quadri plastici commentati dalla coinvolgente voce di Pino Michienzi. Le due Pigghjàte affidate a Nino Gemelli si tennero una a Gagliano e un’altra nel vallone di Via Argento a Catanzaro. A distanza di sette anni, nel 1996, la regia di quella che fu l’ultima rappresentazione, fu affidata a Lillo Zingaropoli che per gli effetti sonori si avvalse della collaborazione di Alfredo Paonessa.

In quella occasione, sul colle Mandarano furono realizzati tre grandi palchi sui quali si alternarono tra attori principali e comparse circa centocinquanta persone. Dietro le quinte, decine e decine di tecnici e collaboratori. Il pubblico fu stimato in circa seimila spettatori. Lo spettacolo iniziò all’imbrunire protraendosi per circa due ore nell’oscurità della notte illuminata da sapienti giochi di luci teatrali. Molto apprezzata fu la scena dell’impiccagione di Giuda che, per un mancato funzionamento del sistema di funi, rischiò di concludersi tragicamente. Il colpo finale a questa Pigghjàta è stato comunque dato dall’accelerazione urbanistica che ha esteso Gagliano sul colle Mandarano cancellando quel meraviglioso scenario naturale colorato dal verde argenteo degli ulivi secolari. In questi ultimi anni, in alternativa alla sacra rappresentazione, si è pensato di teatralizzare la Via Crucis. Già la sera del giovedì notte il suono cupo dei tamburi accompagna i soldati che vanno in cerca di Gesù. Poi durante la processione del venerdì un centinaio di figuranti,nel corso delle quattordici stazioni, propongono le scene più significative della Passione.

Silvestro Bressi

La sacra rappresentazione della “pigghiata” a Gagliano ultima modifica: 2020-04-07T15:50:46+02:00 da Silvestro Bressi

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