Naca e pietà popolare: humus di fede e tradizione – itCatanzaro

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Naca e pietà popolare: humus di fede e tradizione

La Pasqua di quest’anno è particolare, la grave emergenza che viviamo sembra abbia cancellato i profumi della primavera che l’hanno sempre accompagnata, come auspicio di rinascita anche della natura. Personalmente c’è un profumo che mi manca, un archetipo che come una porta del tempo mi riporta a quando ero bambino: l’odore della vernice che pervade la Chiesa da dove esce la Naca nelle settimane precedenti la Pasqua. Si, sembrerà strano ma è così, quest’anno gli amici della Confraternita del Carmine avrebbero dato una mano di vernice alle croci, alle lance, ai lampioni che sarebbero dovuti uscire in Processione, allo scopo di rinnovarle così come da secoli. La processione ci mancherà, ma non mancherà lo spirito che la sostiene ovvero la  pietà popolare, che la Chiesa ha sempre avuto a cuore cercando però di indirizzarla nel solco di un cammino di fede retto e responsabile.

La religiosità popolare, come dice il “Direttorio sulla pietà popolare”  del 2002, di San Giovanni Paolo II, che si esprime in forme diversificate e diffuse, quando è genuina, ha come sorgente la fede e dev’essere, pertanto, apprezzata e favorita. Anche Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, del 24 novembre 2013, parla della forza evangelizzatrice della pietà popolare dicendo tra l’altro: «la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola Liturgia». Ad alimentare la vita spirituale dei fedeli vi sono, infatti, anche «i pii esercizi del popolo cristiano».

Le processioni della Settimana Santa nascono direttamente a Gerusalemme così come riporta nel suo diario la pellegrina spagnola Egeria che, nel IV secolo, racconta dei riti del venerdì Santo – come la lettura del Passio – che i presbiteri compivano nei luoghi dove si erano svolti gli eventi al tempo di Gesù. Ci si spostava in processione da un luogo all’altro ed il corteo portava accese le fiaccole in ricordo del passo del vangelo  di Giovanni “Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi”. Ecco spiegata la presenza nella nostra processione dei lampioncini.

Le confraternite

Fatta questa premessa cominciamo a parlare della nostra processione soffermandoci un attimo sulle confraternite della città di Catanzaro che hanno tramandato a noi questa pia pratica.  La “Confraternita” è un’associazione pubblica di fedeli, il cui fine è l’incremento del culto e le opere di carità, penitenza e catechesi evangelizzatrice. Le prime confraternite venivano chiamate anche “Compagnie”, termine che deriva da “cum-panis”, ossia colui o coloro con cui si divide il pane. Le Confraternite ebbero origine nel Medio Evo in risposta ad un bisogno di pace e misericordia.  Facendo propria l’esortazione evangelica che la fede senza le opere é morta, le Confraternite dalle opere di penitenza per le quali erano nate,  passarono alle più svariate attività caritative rivolte ai bisognosi, ai malati, ai morti.

Ancora oggi le confraternite, partecipano alla processione con i propri abiti composti dalla Tunica, solitamente di colore bianco, quale richiamo alla veste del battesimo, legata ai fianchi da un cingolo; questo è un richiamo alle funi con cui fu legato il Signore e indica ai confratelli la necessità di sentirsi stretti alla legge e all’autocontrollo morale. In passato alle estremità del cordone, realizzato in canapa, venivano legati degli ossicini o pezzetti di ferro che venivano utilizzati dai confratelli per battersi le spalle. Proprio per questo i Confratelli erano detti Flagellanti o Battuti. Sulle spalle ogni confratello  porta la Mozzetta.  Il suo significato indica che si è rivestiti di Cristo e sottomessi a lui. In testa viene indossato il Cappuccio, segno di umiltà e nascondimento, in quanto quando questo veniva calato sul volto non permetteva di essere riconosciuti, indicando l’anonimato delle buone opere, l’annullamento della differenza di classe sociale all’interno delle confraternite.

È importante indossare l’abito confraternale, poiché una fede vissuta privatamente resta un fatto individuale che non produce gli effetti indicati e voluti dal Vangelo. Ma è importante che l’abito esteriore sia segno dell’abito interiore ed indichi la rettitudine morale dei Confratelli.

 La nostra processione, come ricorda lo storico Giacomo Frangipane, ha origine dalle  visite ai Santi Sepolcri, che i confratelli di ogni sodalizio compivano insieme, nei giorni del giovedì e venerdì santo battendosi le spalle in segno di penitenza. Anche il clero era solito compiere tale penitenza, così come racconta Giuseppe Fratea nel suo libro “L’Immacolata in Catanzaro”:  “il capitolo Cattedrale, finite le solenni cerimonie, prendeva parte  alla  processione, ed il più anziano dei mansionari recava, per tutto il breve percorso, sugli omeri, la grande croce, detta di penitenza, dal colore celeste del sodalizio”. Poi sempre Frangipane narra la trasformazione della pia pratica che “col volgere degli anni venne a poco a poco modificandosi: i confratelli cominciarono a portare con sè dei simulacri relativi alla Passione del Signore o dei gruppi rappresentanti le scene della “Via Crucis”.

Confratelli e penitenti

Oggi assieme ai Confratelli che portano la Croce a turno, ci sono anche altri fedeli laici che,  hanno da sciogliere un voto. Pertanto, anche se qualcuno insiste ancora chiamando questi fedeli “figuranti”, il termine esatto per definirli è semmai “penitenti”. Attorno alla croce  vengono portate sempre sette lance a ricordare le sette spade che trafissero il cuore di Maria. Tutti portano in testa la corona intrecciata di rami di asparago selvatico.

5e8e3baf374a1 5e8e3baf374a4ragazzi Con Abito Della Confraterntita Dellimacolata Fra Cui Pasquale Lamanna Anno 1949 Naca Foto Antonella Lamanna.jpg
Ragazzi con abito della confraternita dell’Immacolata, fra cui Pasquale Lamanna
Naca 1949, foto: famiglia Lamanna

Le rivisitazioni della “Naca”

Negli anni anche la “Naca” ha subito molte rivisitazioni, adattandola al gusto contemporaneo di rappresentazione di fede, e facendole perdere il senso originario di processione penitenziale, di richiamo alla conversione e all’abbandono del peccato sociale e personale. Negli anni passati a partire dal 1972 circa sono stati introdotti gli abiti da soldato romano per incentivare le persone ad una maggiore partecipazione, visto che si registrava a quei tempi una scarsa affluenza, anche in virtù del fatto che allora la sola Confraternita dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista partecipava con i confratelli alla processione, in quanto unica funzionante. Anche io fin dall’età di dieci anni partecipo alla processione e, grazie a Pasquale Lamanna che allestì tutti i riti della Basilica dell’Immacolata fino all’ultimo giorno di vita, nel 1987 ho cominciato ad avvicinarmi all’antico mestiere del paratore. Quindi nel 2009, 2013 e 2017 anch’io ho avuto l’onore di allestire la “Vara” e organizzare la processione grazie all’aiuto dei miei confratelli.

Il mio auspicio è che si continui a tramandare la tradizione nell’autentico spirito di penitenza e riflessione che non fa distinzioni tra chi è nel corteo e chi lo segue dai bordi della strada.

Enzo Rotella

Naca e pietà popolare: humus di fede e tradizione ultima modifica: 2020-04-10T06:00:00+02:00 da Enzo Rotella

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