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San Vitaliano nella tradizione popolare

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San Vitaliano, per quanto presente nelle storiche “tre V”, assieme al Vento e al Velluto, in passato è stato considerato dai Catanzaresi un amico dei forestieri. Attualmente i devoti non hanno con il Patrono un rapporto tenace. Si potrebbe parlare di un santo “eclissato” i cui miracoli, in particolare quelli avvenuti in tempi di peste e di terremoti, sono stati dimenticati. Restano invece vive, a livello popolare, le leggende che, in alcuni casi, si intersecano con la storia ufficiale.

Ecco la prima: La Città è dominata dal libeccio, dal ponente e qualche volta anche dalla tramontana, per volontà del Patrono il quale volle accontentare suo fratello che, non sopportando l’afa catanzarese, si rifiutava di venirlo qui a trovare. Secondo un’altra leggenda San Vitaliano giunse a Catanzaro dalla Francia assieme a sei fratelli, tutti santi. Tra questi si sostiene ci fosse anche San Gennaro. 

Un curioso racconto popolare, dagli ingredienti imbarazzanti, riporta che, quando San Vitaliano era vescovo di Capua, alcuni concittadini si intrufolarono nella sua abitazione, mentre dormiva e gli sostituirono il suo abbigliamento con abiti femminili. Al mattino, distrattamente, indossò quegli indumenti, e si recò in chiesa a celebrare messa. Fu ridicolizzato al punto che non volle più rimanere in quel luogo. Mentre si allontanava venne raggiunto da alcuni malfattori che lo bastonarono. Dopo averlo tramortito lo infilarono in un sacco di cuoio e lo gettarono nel fiume Garigliano ma ad Ostia fu tratto in salvo da alcuni pescatori. Dopo il fattaccio, Capua fu flagellata dalla siccità per sei mesi e sei giorni mentre nei paesi circostanti pioveva continuamente. Gli autori delle malefatte si pentirono e raggiunsero Vitaliano per chiedergli perdono e per pregarlo a diventare il loro vescovo. Lui non accettò e preferì ritirarsi in eremitaggio in una piccola cella costruita a Montevergine dove pare abbia trascorso il resto della sua vita. Le spoglie mortali del Vescovo Vitaliano furono custodite nel santuario di Montevergine da lui stesso edificato. Da li, in occasione del trasferimento da Taverna a Catanzaro del vescovado, Papa Callisto II fece traslare le reliquie nel duomo cittadino.

Agli inizi del 1800 Catanzaro corse un grave pericolo quando il temuto brigante Nicola Gualtieri di Conflenti, noto come Panedigrano, si presentò alla porta di Terra, con un seguito di circa duemila uomini con lo scopo di saccheggiare la Città. A far cambiar idea a Panedigrano fu il giudice Bernardo de Riso che lo aveva salvato dalla pena capitale. Il brigante, sollecitato dal de Riso, ridusse notevolmente la sua richiesta e per giustificarsi con i suoi seguaci, fece credere loro che, dinnanzi alle porte della Città, fosse stato fermato da una mano straordinaria: San Vitaliano lo aveva afferrato dal codino, abituale ornamento dei fedelissimi alla causa borbonica, tirandoglielo significativamente all’indietro.

Si racconta che una sera Talianu ccu ’a cuda, simpatico personaggio noto per le critiche pronte contro i motti del Duce, passando dinanzi all’edicola sacra, dedicata al Patrono, decise di offrirgli la santa limosina. Sicuramente per via della pilucca causata dall’eccessiva quantità di vino bevuto, il povero Talianunon riuscì a infilare l’unica monetina che possedeva nella fessura della cassettina di raccolta, posta sotto l’immagine del Patrono, e questa finì a terra. Convinto che San Vitaliano avesse rifiutato la sua offerta, forse perché ritenuta troppo modesta, infierì contro il Santo, rampognandolo di essere sdegnatu e presuntusu. Da un gruppetto di mulacchiuni che avevano assistito alla scena, partì prontamente una sonora pernacchia e il povero Talianu, attribuendola al Santo, aggiunse: Sdegnatu, presuntusu… e puru vastasu!

Si racconta che Vitaliano, calzolaio del Carmine, rione antico ubicato dietro il Municipio, e che al posto della “erre”pronunciava “elle”, si rivolse al Protettore di cui era devoto, per chiedergli una grazia: “San Bitalianu meu, fammi ma mangiu, ma vivu, ma dolmu e nomma faticu mai!”. Una richiesta che egli avanzò per diversi giorni consecutivi davanti all’altare del Santo. Un giorno il sacrestano, stufo di sentire quella noiosa tiritera, nascosto dietro una colonna, gli rispose con voce ferma e solenne, quasi fosse stato San Vitaliano in persona a parlare: “Talianè, si voi ma mangi e ma vivi e ma dolmi, hai ma fhatichi”. Egli, doppiamente sorpreso, sia perché il Santo aveva parlato, sia perché aveva usato un linguaggio identico a quello degli abitanti del Carmine, replicò: “Umbè! Cchi santu ’e ca….i, ppe cchìstu ti tagghjàlu i vlazzi!”

Secondo un’altra credenza il Protettore, in certi periodi, pare risentisse del fatto di essere trascurato, al punto che il busto d’argento, cambiava di colore, diventando giallo-opaco. Quando si notava simile cambiamento cromatico, avveniva il passaparola tra i devoti che correvano nel Duomo a pregarlo, per paura che il cambio di umore del Santo procurasse alla città un qualche disastroso terremoto. In effetti per quanto concerne le sfumature gialle del busto bronzeo, c’è da chiarire che esse effettivamente ancora si vedono, in quanto – secondo alcuni studiosi – l’opera scultorea un tempo era coperta da una patina d’oro che, in seguito ai danni subiti dai bombardamenti del 1943, scomparve quasi completamente. 

Parlare di San Vitaliano significa parlare di Catanzaro. La sua storia, non molto conosciuta, è strettamente legata a questa città e alla sua gente la quale, mentre critica il Patrono come amico dei forestieri, si fa conoscere  ovunque per l’innato senso dell’ospitalità.

Il 16 luglio la festa del Santo Patrono si concretizza quest’anno con la sola celebrazione eucaristica. Non si terrà la tradizionale processione accompagnata dalla banda musicale e salutata da colorati damaschi appesi ai balconi. Sino alla fine dell’Ottocento era in uso, per la sera della vigilia, accendere dei lumi ai balconi e alla finestre.

Auguri a tutti i Vitaliano, Nuccio, Talianu e Talianeddhu.

San Vitaliano nella tradizione popolare ultima modifica: 2020-07-14T13:42:49+02:00 da Silvestro Bressi

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