Le tre cappelle del carcere di Catanzaro ricevono i fiori di Natuzza. “Vorrei fino all’ultimo giorno ricevere e dare una parola di conforto a chi soffre”, questa frase di Natuzza Evolo, mistica di un piccolo paese della Calabria, oggi è in un certo senso “risuonata” nel silenzio di una preghiera nella Casa Circondariale di Catanzaro.
I fiori di Natuzza per unire alla preghiera
Cordiano Michele, rettore della chiesa di Natuzza, ha donato alle tre cappelle del carcere tre composizioni di fiori. Ad accogliere il dono la direttrice Angela Paravati, il comandante Simona Poli, il cappellano don Giorgio Pilò e una rappresentanza di detenuti. Alla cerimonia è seguito poi un sentito momento di raccoglimento.
“I fiori sono un messaggio di conforto e di speranza da parte di una persona che non c’è più, ma che in comune con molti aveva le origini umili, e le scarsissime opportunità” spiega Angela Paravati. La direttrice ringrazia per il gesto, che in questo contesto assume un significato profondo. Una riflessione che si è unita alle parole sulla fede e sul conforto della preghiera pronunciate dai sacerdoti.
Natuzza, simbolo di grande fede e semplicità
Natuzza, a distanza di oltre dieci anni dalla morte, continua ad essere un punto di riferimento per molti fedeli cristiani. Quasi analfabeta, proveniva da una famiglia poverissima e da piccola aveva conosciuto sia la fame che il carcere. Infatti, si racconta che la madre, da sola con molti figli, fosse stata arrestata per il presunto furto di una gallina. Una sofferenza che lei, durante il suo percorso di vita e di fede, aveva trasformato nella capacità di profonda comprensione umana per il dolore degli altri. Riusciva a dare conforto proprio con la semplicità di quella preghiera sincera e sentita. Preghiera che spesso in carcere diventa un rifugio, un aiuto per un profondo rinnovamento interiore.